
Disavventura in viaggio: la volta che (non) imparai a sciare
Ultimamente inizio a pensare che quello specchio che ho rotto il giorno del mio arrivo in Grecia stia facendo il suo dovere: portarmi una buona dose di sfiga per i successivi sette anni. E siamo solo al secondo. Molto bene. Il lato positivo è che oggi posso raccontarvi una nuova disavventura in viaggio.
I buoni propositi
Sapete che di solito si inizia il nuovo anno con tanti buoni propositi? Il mio era quello di iniziare a sciare. L’ultima volta che ho messo gli sci ai piedi avrò avuto più o meno 10 anni, e mi ero stancata di essere sempre quella che guarda gli altri da fondo pista. Sentivo che quest’anno sarebbe stata la mia svolta.
Così, superata una quarantena, schivati selvaggiamente ulteriori possibili isolamenti, acquistata tutta l’attrezzatura del caso, prenoto la mia prima lezione di sci. Io elettrizzatissima. Entusiasmo alle stelle.

Il fatidico giorno
Arrivo alle piste con 2 ore di anticipo (io, di solito, ritardataria cronica), compro lo skipass, noleggio gli ultimi sci rimasti che più o meno possono andarmi bene (ehi, cosa succede, sto avendo davvero una botta di fortuna?!) e mi dirigo verso il punto di ritrovo.
Ma non c’è. O meglio, non vedo la casetta arancione che la signora della scuola sci, al telefono, mi aveva così gentilmente descritto. Primo momento di gelo, e non per il freddo.
Lezione prenotata: ore 13.00, erano le 12.30. Ok, ho tempo. Chiamo.
Io: “Scusi, signora, sono la ragazza della lezione delle 13.00. Ho già comprato Skipass e noleggiato l’attrezzatura! Mi può indicare il punto di ritrovo?”
Signora: “Certo cara, prendi l’ovovia e, una volta in alto, vai alla casetta arancione.”
Io: “Signora, qui non c’è nessuna ovovia. Mi conferma che il punto di ritrovo è Impianti ***** (come avevamo detto)?”
Signora: “NO, CARA! Sono gli impianti *****” Ah. “Ma non preoccuparti, la maestra arriva a prenderti! Tarderà 15 minuti, ma arriva a recuperarti lei”
Arrivano le 13.00. Arrivano le 13.10. Poi arrivano le 13.15. Poi arrivano le 13.25. Chiamo la scuola: nessuna risposta, richiamo la scuola: occupato, ri-ri-chiamo la scuola (13.35): rispondono.
“Signora, sono quella della lezione delle 13.00 agli impianti sbagliati. La maestra non c’è, non è che ha perso il mio numero?” la signora, come se mi sentisse per la prima volta volta: “AH DAVVERO??? Aspetta che chiamo la scuola su agli impianti per capire” **momento in cui parlottano tra loro** “Cara, c’era una lezione prenotata per le 13.00, ma non si è presentato nessuno, quindi la lezione è stata presa da qualcun altro.” Io, piangendo dentro: “Signora, ma la lezione a cui non si è presentato nessuno era la mia di cui avevamo parlato un’ora fa, aspetto la maestra, come mi ha detto, da quasi un’ora!”
“Cara, ma io avevo capito che fossi agli impianti corretti”. Ok signora, grazie. Molto utile davvero.
Sperando che la mia disavventura in viaggio fosse finita
Ora immaginatemi: sono vestita con 34 strati di vestiti, ho in spalla 4 kg di sci, in mano un caschetto, nella stessa mano i bastoni (si chiamano così?), ai piedi degli scarponi pesanti e rigidi livello blocchi di marmo. In questo stato arranco verso l’altra scuola di sci del posto. L’omino dello skilift mi suggerisce “Cara (basta chiamarmi cara!) puoi fermare direttamente uno dei maestri di sci che scende dalla montagna per chiedere informazioni”
Ah beh, giusto questa mi mancava. Giusto per rendere la mia disavventura in viaggio più divertente.
Ma non ho alternative. Dopo aver fermato una quantità indecifrata di sconosciuti che dal mio punto di vista di principiante avrebbero potuto essere dei maestri, ne ho trovato finalmente uno, e ho sfoderato al mio salvatore della giornata lo sguardo più da cerbiatto colpito dai fari delle auto che avessi potuto mai ricreare. Non poteva non funzionare. Dopo 2 ore a girovagare con quegli scarponi, ero davvero disperata.
Bene, che ci crediate o no, alla fine ho prenotato una nuova lezione.
Tra tre giorni. Tutto può succedere e, se non mi sentite più, sapete perché: la mia lezione di sci non doveva farsi.
